AMARE DIO SOPRA OGNI COSA

È LA CHIAVE  DELLA  FELICITÀ  E LA VITA.

La mia progenie ha sempre creduto in Dio, ci credeva come gli veniva insegnato dalla chiesa “Cattolica Romana. I miei bisnonni erano gente umile, aiutavano come potevano i bisognosi, e insegnavano loro anche la parola di Dio secondo le scritture che avevano a disposizione.

A quei tempi la popolazione era di maggioranza analfabetica, quindi erano pochi quelli che avevano la possibilità di partecipare a una scuola, se pur ce ne fosse una. Il bisnonno aveva imparato con la sua buona volontà a leggere e a scrivere, era uno dei pochi nel paese che era in grado di farlo. Molti non avevano la possibilità di visitare una scuola o un corso, ma neanche l’intelligenza di comprendere.

Vivevano in un paese povero di maggioranza analfabetico. La scuola non era un’esigenza primaria a quei tempi, ma cercare di sopravvivere era prioritario. Tutti vivevano della campagna e del frutto che ne ricavavano. Il bisogno di insegnare a leggere e scrivere era enorme, ma mancava soprattutto il tempo e il denaro per poterlo fare! E perciò il mio “bisnonno offriva liberamente a chi voleva dei corsi di scuola serali a casa sua.

Dava la possibilità di imparare a leggere e scrivere a coloro che ne avevano l'interesse, almeno di apprendere il necessario per le proprie esigenze. In questa occasione si prendeva la libertà di insegnare loro anche la Parola di Dio. Lui faceva tutto questo per fede e amore verso Dio e il suo prossimo, senza chiedere niente in cambio. Sin dai tempi più addietro i miei antenati hanno vissuto della natura, erano contadini e allevatori di bestiame, e avevano una larga conoscenza di essa.

Ma in prima linea erano devoti e credente al Creatore, erano consapevoli che esisteva un Padre “Padrone di tutto e tutti e lo temevano a modo loro. Si può dire che le radici della fede ci sono stati tramandati. Amarlo sopra ogni cosa, e amare e rispettare quello che è stato da Lui creato, era un comandamento primario dei miei antenati. Nonostante loro amavano così tanto Dio, non gli sono state risparmiate le prove e le sofferenze che la vita gli ha preservato.

Sappiamo che ai tempi lo sposo o la sposa dei loro figli, li sceglievano i genitori, e questo avveniva non solo per cultura tramandatagli, ma anche per interessi privati. A quei tempi non cerano le pensioni o l’assistenza sociale, non veniva offerto loro nessuna provvidenza dallo “Stato, e quindi erano costretti a vivere di quello che avevano a disposizione.

A una certa età non si è più in grado di fare quello che si può fare da giovani, le forze vengono a mancare e il corpo cede ad indebolirsi sempre di più. Quindi a quei tempi i vecchi o le persone inferme, erano assistiti completamente dai loro discendenti, sia finanziariamente che fisicamente. Questo richiedeva molto più lavoro e responsabilità da parte dei loro figli o parenti vicino.

Questo era uno dei motivi principali, di non prestare attenzione ai sentimenti ma a gli interessi. Se due si innamoravano non erano liberi di vivere il loro amore e di sposarsi, essi venivano convinti o costretti dai loro genitori a scegliere e decidere per interessi.

Se per esempio uno era troppo giovane o troppo povero, oppure di un’altra credenza, era un intoppo centrale e decisivo per il matrimonio. L’interesse che i figli sposassero persone maturi e responsabili, e possibilmente anche benestanti, era prioritario per la loro sopravvivenza, e anche nell’interesse della giovane coppia. Tutto dipendeva dalla nuova generazione e la loro flessibilità.

Il mio bisnonno si era innamorato di una ragazza molto carina di nome:  (Francesca), che loro chiamavano “Cecca, era una ragazza di bell’aspetto vispa e intelligente. Il loro era un amore puro e ingenuo, erano vicini di casa e crescevano e giocavano insieme come l’amore fra loro.

Nel loro cuore sognavano e progettavano di sposarsi, di vivere il loro sogno d’amore insieme, ma non fu così! Dato che erano tutti e due minorenni fra i 16-0 17 anni di età circa, non ebbero la benedizione dei genitori di sposarsi, proprio perché cera di mezzo l’interesse della sopravvivenza di tutta la famiglia.

Loro pensavano che se costoro si fossero sposati avrebbero continuato a giocare a causa della loro giovane età, e quindi la famiglia ne avrebbe sofferto. Questa ragazza aveva altre sorelle maggiori e minori, così scelsero per il loro figlio una sorella maggiore di nome Maria, lei era di 8 o 10 anni più grande di lui, era matura e assennata, e poteva essere una buona alternativa per il matrimonio del figlio.

Loro non guardavano ai sentimenti del loro figlio, ma all’interesse di poter assicurarsi la loro sopravvivenza e quella della loro generazione. È chiaro che il figlio Giuseppe non ne era convinto di tale scelta, ma non gli restava altro che accettare. Il matrimonio quindi fu deciso dai genitori di lui, e così fu celebrato fra Giuseppe e Maria.

Io posso immaginare che quel giorno per lui non fu un giorno di sollievo e felicità, bensì un giorno di cupa tristezza, ma ormai non aveva nessun’altra alternativa. Nonostante ciò cercarono di fare il meglio che potevano, lei essendo più grande e responsabile di lui se lo portava dietro e lo insegnava come poteva.

Credo che sentimentalmente si sopportavano più che altro, ma restarono uniti e fedele l’un all’altro per tutta la vita. Ebbero circa sei o sette bambini o più, ma la metà di loro morì nell’infanzia. Di tutti quei figli ne rimasero solo quattro, erano due maschi e due femmine, una delle femmine si chiamava Mariangela, essa si ammalò di meningite sin dalla più giovane età.

I due giovani ragazzi erano diventati dei bei giovani, quello che si chiamava Pasquale ed era il più alto e snello, e presto dovette partire per il militare e fu trasferito nel nord Italia. Lui soffriva molto della distanza della famiglia, e nonostante supplicasse i suoi superiori, non gli davano il concedo per visitarla.

Allora un suo coetaneo anche militare gli consiglio di farsi un intruglio di foglie di tabacco, lui non conoscendo il pericolo che andava incontro lo fece, e dopo poco tempo si ammalò e fu rilasciato, e così poté tornare a casa dalla famiglia, ma le sue condizioni peggiorarono e morì dopo poco tempo.

L’altro ragazzo di nome Giovanni più bassino di statura a vedere dalle foto, era anche un fiore di ragazzo, nel frattempo si sposò ed ebbe una figlia che la chiamò Maria come la sua mamma; ma anche lui dopo poco tempo si ammalò e morì, lasciando una giovane moglie e una piccola figlia di tenera età. A distanza di pochi anni morì anche la sorella ammalata di meningite all’età di ventisette anni. Infine di tutti quei figli ne rimase solo una.

Morirono tutti nel pieno fiore della gioventù, rimase solo mia nonna Carmela la madre di mia mamma. I miei bisnonni nonostante le dure prove a cui erano stati esposti, avevano una gran fede, ma la loro fede fu messa a dura prova, persero quasi tutti i loro figli, attraversarono periodi di guerre, carestie e malattie. Infine passarono i loro ultimi anni di vita inabile e dipendenti delle cure dei loro cari.

La mia cara nonna che era l’unica loro figlia rimasta, era piccolina di statura, ma era l'amore in persona, era una donnina generosa e umile, lei divideva tutto quello che aveva con chi gli era vicino, non si avrebbe mangiato niente da sola senza averlo diviso. Aveva avuto una vita molto dura, aveva perso tutti i sui fratelli e sorelle ed era l'unica rimasta di una numerosa famiglia.

Lei come ho già detto era molto umile e socievole, era una persona responsabile e assennata, nonostante era di fisico molto minuta era una grande lavoratrice e una madre modello. Anche lei è stata provata e raffinata, tre dei suoi primi bambini morirono nella tenera età, poi ne sono arrivati altri, in tutto aveva avuto credo dieci figli, sei vivi e tre morti e un aborto spontaneo.

Nonostante il suo fisico minuto i figli erano nati tutti spontaneamente, solo con l’aiuto di donne che facevano l’arte dell’ostetrica senza averlo studiato, in poche parole erano conoscenti o parenti che spesso sostituivano il personale medico, perché codesti addetti di solito non erano sul posto o nelle vicinanze; e c’è ne erano anche pochi ai tempi, per la questione della povertà e analfabetismo.

Sopravvivere in mezzo a guerre, carestie e pestilenze, erano tempi durissimi. Anche nella prima e la seconda guerra mondiale non furono tempi facile per quelle generazioni, specialmente con una famiglia numerosa. Oltre alla famiglia si dovevano prendere la responsabilità dei genitori da entrambi le parti, e in più mancava di tutto, dalla finanza alle cose di prima necessità come viveri e altro.

E quindi era richiesta molta esperienza e conoscenza della natura e cultura. Questo a mia nonna no gli mancava, aveva avuto un padre e una madre molto savi, sia nella fede che nella vita materiale. All’inizio della seconda guerra mondiale mia madre aveva appena tredici anni, era la prima figlia nata nel 1927, lei nacque dopo di quelli che gli erano nati e morti a causa di malattie infettive.

Dato che ai tempi non c’erano cure specializzati ed efficaci, e il personale medico non era ben preparato, i morti erano più frequenti anche per cose banali ed elementari. Lei essendo la prima figlia, era anche chiamata ad aiutare i genitori nelle faccende giornalieri, e mammano che la famiglia cresceva, doveva anche prendersi cura dei suoi fratelli e sorelle più piccoli.

A quei tempi era naturale aiutare e lavorare in famiglia sin dalla più giovane età, non c’era il ma o il sì, dovevi essere presente e tirarti su le maniche e lavorare e basta, ogni parola o smorfia in più poteva essere dolorosa. La cultura dei tempi era molto severa, il figlio non poteva ribellarsi o avere una sua opinione difronte ai genitori, tutto quello che loro comandavano doveva essere eseguito senza esitare, altrimenti si ricorreva alla violenza fisica e morale.

I componenti della famiglia erano tutti consapevoli, e sapevano bene quello che era il loro compito o meno, sapevano anche che se venivano meno a tali ordini seguivano dolorose conseguenze. Quindi non era richiesto il loro parere personale o meno, dovevano essere partecipi in tutti i modi nelle faccende domestiche e famigliari; aiutare in casa e nella campagna, prendersi cura delle bestie e andare al pascolo.

Se poi c’erano persone infermi o anziani da accudire, tutta la famiglia era chiamata a partecipare alle loro cure, dal più grande al più piccolo, ognuno faceva quello che poteva.  Ma più delle volte e maggiormente, codesti compiti venivano affidati ai figli. E così era anche nella famiglia di mia mamma, il giorno si lavorava qua e là, la sera si aiutava ad accudire gli anziani nonni che ormai erano diventati inabili.

Erano tempi molto difficili, tutti in casa dovevano collaborare, dai grandi ai piccoli, dai sani ai sofferenti. Non cera altro aiuto da sperare, neanche nella cura degli anziani, perché questo era un compito dei figli e della famiglia. Come abbiamo visto non c'era nessun aiuto finanziario, si viveva di quello che si ricavava dalla terra e dei propri sacrifici. Tutti furono messi a dura prova, ma nonostante tutto non persero mai la fede e l’amore verso il Creatore.

Gli anni passarono fra gli alti e bassi, fra prove ed esperienze, ormai la famiglia era cresciuta. I figli erano degli adolescenti e in parte maggiorenni. Mia madre come ho già detto era la prima figlia, e quindi aveva un’età abbastanza matura. Poi lei si sposò con mio padre, ma erano entrambi poveri, lei era uscita dalla sua casa quasi senza niente e mio padre pure; ai tempi non era facile, non c’era lavoro e il denaro era raro.

Quindi non avevano niente neanche dove poggiare il capo, non avevano un sottotetto per abitarci e gli mancava di tutto, gli mancavano le cose di prima necessità; non avendo né lavoro e né soldi, non avevano neanche l’essenziale per vivere, cibo e vestiti ecc. All’inizio furono ospitati da conoscenti, ma con il tempo non potendo far fronte alle spese furono costretti ad andare via.

In questa occasione, la madre di mio padre li invitò ad andare a vivere a casa da loro, questo non fu affatto una buona decisione da parte di mio padre, dico da parte di mio padre, perché la mamma da parte sua non ne era tanta convinta. Questa decisione si manifestò ben presto sbagliata e con fatali conseguenze per i miei genitori. Mia mamma fu ben altro che benvenuta da mia nonna, quel periodo di permanenza da loro fu abbastanza tribolato.

Mio nonno Antonio era molto buono e umile, e voleva bene alla mamma, anche perché era la sua prima nuora, ma la nonna invece accendeva fuoco nell’acqua per niente, ne aveva sempre una per tirare fuori una guerra in famiglia. Così dopo un periodo trascorso fra guerra e guerriglia, furono costretti ad andare via, ma dove?

A mia madre gli venne in mente, che il nonno Giuseppe e la nonna Maria che lei con sua sorella avevano curato per anni, gli erano rimasti come regalo un pezzo di terreno ad entrambi. In uno di quei terreni c’era una stalla che gli serviva ai tempi per le mucche ecc. E così mia madre lasciò la casa della suocera, e con il bambino piccolo fra le braccia si diresse lì in quella stalla.

Come ho detto che non avevano niente neanche l’essenziale, quindi depose un po' di paglia nella mangiatoia e vi adagiò il bambino sopra, e quello fu il suo letto, e questo valeva anche per loro. Come si sa ai tempi si viveva diversamente, non cera tanta attenzione, e quindi le nascite si proseguivano naturalmente.

La situazione non era cambiata, ma nel frattempo la famiglia era cresciuta, e la mangiatoia era diventata il letto famigliare. Erano tempi tristi, e questo circa a dieci anni dalla fine della seconda guerra mondiale. La miseria e la disoccupazione erano all’ordine del giorno; la gente non potendo pagare con il denaro, si aiutava l'un l'altro come potevano.  

Erano molto poveri, risparmiavano quel poco che avevano per far mangiare i bambini, mentre loro soffrivano la fame. Fra questo e altra mia mamma incominciò a star male; e a mal voglia ha dovuto andare dal dottore, costui dopo averla visitata gli disse che non era niente di grave solo un po' di depressione, e così gli diede degli psicofarmaci da ingerire.

La situazione non migliorava con quelle cure, ma si andava avanti come si poteva. Nel frattempo sono nata i, nonostante la gioia di aver ricevuto una bambina sana, c’era anche il dolore della sofferenza e la paura di non farcela con le sue forze.

L’aiuto che riceveva dalla sua famiglia era minimo, perché anche loro erano ossessionati dal lavoro, quindi che lei voleva o meno, oltre alla malattia asfissiante, doveva prendersi cura dei bambini e delle faccende di casa, e in più la campagna le bestie ecc. Mio padre per sopravvivere faceva il possibile, cercava di trovare qualche giornata lavorativa, di vendere qualche frutto per ricavarne qualche spicciolo, lavorava i campi e così via.

Era il mese di luglio e i frutti incominciavano a maturare; lì vicino casa c’erano delle piante di prugne color giallo dorato, erano le prugne della “matalena, così li chiamano da noi; mio padre penso di raccoglierne qualche cesta per poterli andare a vendere, e così si arrampicò sull’albero e incominciò a raccoglierle.

Dopo poco tempo a causa di un manco o cosa, perse l’equilibrio e cadde a picco a testa in giù, dall'altezza di tre o quattro metri. A pensare, che di questo periodo il terreno è abbastanza duro per la mancanza di piogge, quindi ci possiamo immaginare che colpo asserrato fu per lui. Ormai era lì esanime per terra, non dava più segni di vita.

Mia mamma era lì vicino e ne fu scioccata, a prima vista lo fisso spaventata, pensando che ormai non c’era più niente da fare, sembrava che la sua testa si era conficcata nel collo; ma nonostante lo spavento, gli venne in mente a volo che era meglio provare a tirargli la testa dal collo, anche perché così non lo poteva presentare nella bara per il funerale.

Allora si ricordò che c’era un pozzo nelle vicinanze, nella proprietà del vicino, corse in fretta con un secchio ad attingere dell’acqua, era un pozzo cisterna abbastanza profondo, e l’acqua era molto fredda nonostante la temperatura di quel periodo. Al ritorno lo rovesciò tutto in una volta sulla testa di papà che era ancora conficcata nel collo, e con un forte strappo tirò la testa verso l’alto.

E come per miracolo la testa fuoriuscì dal collo. Dopo di ciò, lei si accorse che lui era ancora in vita ma le sue condizioni erano gravi, non c'era un dottore nelle vicinanze, ma neanche lei poteva lasciarlo lì da solo in quelle condizioni e andare a cercare aiuto. Ma si dice bene, che il signore è vicino ai miseri e i bisognosi, e veramente piano piano lui si riprese.

Lei lo curò come poté, però da quel momento le condizioni di salute di mio padre incominciarono a peggiorare, passava da un male all'altro. Ormai erano tutti e due gravemente ammalati; a questo si aggiungeva la povertà più assoluta, se prima almeno mio papà poteva racimolare qualcosa, adesso era impossibile.

Era lì inerme con dolori in tutto il corpo, la mia mamma nonostante i suoi dolori e tre bambini al di sotto dei cinque anni, e tutto il resto che aveva da svolgere, faceva di tutto quel che poteva per lui. Loro non vivevano, ma provavano a sopravvivere per i loro bambini, non li volevano abbandonare. Oltre a tutto, queste condizioni provocavano anche discordia fra loro, essa era il frutto di una situazione senza via di uscita.

Mi immagino quante lagrime avranno versato e quanta disperazione cera in loro, e la forza della preghiera che uscivano dal loro cuore. Sappiamo che il Signore ascolta sempre le preghiere che vengono dal cuore, e che a Lui niente e nessuno gli sfugge. Era un giorno d'estate probabilmente il mese di luglio, fuori il sole scottava con i suoi raggi infuocati, ed era necessario intrattenersi in luoghi freschi, specialmente nelle ore più calde della giornata.

I miei genitori si intrattenevano insieme a noi bambini in quella stalla che ormai era la nostra abitazione, ad un tratto sentirono una voce che li chiamava. Dietro la stalla c’era una via antica trafficata da viandanti conosciuti e sconosciuti, e in più era una zona fuori dal centro abitato in aperta campagna. Mia madre a sentirsi chiamare ebbe paura, e pensò, chi poteva essere a quell’ora della giornata? Allora chiamò mio padre e gli disse di affacciarsi per vedere chi fosse che li chiamava.

Mio padre andò, arrivato lì, vide sul ciglio della via vicino l’entrata che era chiusa da un cancello di legno, un uomo di bell'aspetto, alto con i capelli color castano un po’ lunghi, dal viso un po’ allungato e la barba non troppo lunga, indossava una tunica legata ai fianchi, ai piedi calzava dei sandali di cuoio, essi erano sanguinanti e graffiati da rovi, sembrava proprio che costui avrebbe camminato fra le spine.

Mio padre gli chiese se avesse bisogno di qualcosa, ma lui gli rispose che non aveva bisogno di niente. Il suo viso era luminoso ed emanava una gran pace, poi costui proseguì dicendo: voi non dovete bisticciare fra di voi ma vi dovete amare, perché verranno dei tempi migliori, e si può andare a lavorare in tutto il mondo solo con un semplice documento di riconoscimento.

Poi continuo a parlargli di pace e amore, in tutti i modi lì consolò delle loro sofferenze. Alla fine mio padre gli chiese se poteva offrirli qualcosa, pur sapendo che non c’era molto da potergli offrire. Ma lui gli rispose che non aveva bisogno di niente, voleva solo tre pietre di sale, allora mio padre andò nell’abitazione e gli presa un po’di sale nel pugno della mano, pur non comprendendo a cosa gli sarebbe servito quel sale. Al ritorno mio padre stese la mano verso dell’ospite per darglielo, ma costui si scelse solo tre pietre di sale.

Poi li salutò affettuosamente, in quel momento mio padre incuriosito gli chiese dove sarebbe diretto, lui gli rispose che era diretto alla provincia di “POTENZA - (Significato Biblico–Potenza–Gloria di DIO). I miei genitori rimasero per un momento perplessi, ma poi gli dissero: “se volete andare alla provincia di “Potenza dovete andare di qua indicandogli la direzione, pensando che lui fosse diretto verso il sud Italia.

Ma lui gli rispose che non dovevano preoccuparsi perché conosceva bene la strada. Dietro l’abitazione c’è oggi un bosco di querce, ai tempi c’era un campo di grano che era stato appena mietuto, e quindi era un’area ben visibile a distanza. Così lui si inoltrò per quel campo, dopo breve tempo che si era incamminato mia mamma voleva assicurarsi che andasse per la strada giusta, e si affaccio per vedere in quale direzione stava andando, ma non vide più nessuno era come sparito, in largo e lungo non c’era più nessuno.

E pure non c'erano arbusti dove poteva nascondersi? Era Sparito veramente nel nulla! Quello che lui gli disse sì avverò dopo un anno, proprio come gli aveva detto. La malattia di mia mamma si manifestò in seguito in meningite acuta, i dolori erano indescrivibili. Una mattina voleva pettinarsi e stava per sciogliersi la sua lunga treccia, quando essa si staccò completamente dal suo cuoio capelluto, questo fu per lei un grande spavento.

I dottori non gli diedero nessuna speranza di guarigione. Ma dopo alcune cure stazionari, il Signore gli diede la possibilità di continuare la sua missione qui sulla terra. Dopo una lunga tribolazione anche mio padre si riprese, ed ebbe la possibilità di andare fuori Nazione in cerca di lavoro con un semplice documento, proprio come gli aveva detto lo “Sconosciuto. Con l'aiuto di Dio e la Sua forza, le loro condizioni di vita migliorarono.

Con i sacrifici del loro lavoro si sono costruiti una vita e un'esistenza e hanno cresciuto i loro figli, e gli è stata regalata una lunga vita. Sembrava che saremo rimasti orfani già nella tenera età, ma il Signore e Padre Eterno non l’ha permesso. Dopo queste prove non sono stati più in perfetta salute, ma hanno ricevuto la forza di portare avanti la loro missione qui sulla terra, accontentandosi di quello che si poteva e di quello che si aveva.

Si lavorava la terra e si viveva di essa. Noi sin da piccoli dovevamo aiutare in casa e in campagna oltre la scuola, la nostra vita si è sempre basata sull'umiltà. Abbiamo imparato sin da piccoli a fare il meglio in ogni situazione, risolverla nel migliore dei modi. I miei genitori hanno avuto una larga esperienza e conoscenza della natura, e questo c'è stato tramandato anche a noi. Quando si ha poco, si fa di quel poco molto, ti sforzi ad acquistare conoscenza e sapienza ed esperienza. Tu cerchi di mettere in opera questi doni preziosi, tutto quello che tu realizzi ti darà soddisfazione e gioia.

Tutto questo è un dono prezioso che nessuno ti può portare via, esso ti rende umile e soddisfatto. Tutte le sofferenze e le prove della vita ci maturano e ci aiutano ad acquistare sapienza e conoscenza, ad apprezzare la vita conoscerla e amarla come un prezioso dono. Questo è il tesoro nascosto, che ognuno di noi cerca a volte invano.

Guardando indietro, ti rendi conto che tutto questo ti ha maturato, tutto quello che prima sembrava che dovevi avere a tutti i costi, adesso, non ai più bisogno. Ma quello che adesso hai non vorresti a nessun costo più Perderlo.

Se noi lasciamo operare il SIGNORE in noi, Lui completerà la SUA OPERA. Allora troverai quella «felicità che in niente e in nessuno potrai trovare, ma che solo Lui ti può dare.

IL SIGNORE È MERAVIGLIOSO… ILLUMINI IL NOSTRO CUORE.